Note sulla logica: Difference between revisions

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{{colophon
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|translator=Traduzione di Luca Bernardi
|translator=Traduzione di <span class="plainlinks">[https://luca-bernardi.com Luca Bernardi]
|notes=La traduzione è stata condotta sulla seguente edizione: {{cite book it|authorfirst=Ludwig |authorlast=Wittgenstein |chapter=[[Notes on Logic]] |title=Notebooks 1914-1916 |editor1first=G. H. |editor1last=von Wright |editor2first=G. E. M. |editor2last=Anscombe |publisher=Harper & Row |date=1969 |pages=93-106}} Questa traduzione, realizzata grazie al sostegno finanziario di Wikimedia Italia, è pubblicata secondo i termini della licenza <span class="plainlinks">[https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/ Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo]</span>.
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<p style="text-align: center;">'''V Principi di simbolismo: che cosa, in un simbolo, simbolizza. Fatti tramite fatti'''</p>
<p style="text-align: center;" id="nol-5">'''V. Principi di simbolismo: che cosa, in un simbolo, simbolizza. Fatti tramite fatti'''</p>


È facile ipotizzare che solo i simboli contenenti nomi di oggetti siano complessi e che di conseguenza “(x,φ)φx” o “(∃x,y)xRy” debbano essere semplici. È allora naturale considerare il primo il nome di una forma, il secondo il nome di una relazione. Ma in tal caso qual ''è'' il significato per esempio di “~(∃x,y).xRy”? Possiamo mettere “non” davanti a un nome? L’indefinibilità alternata mostra che gli indefinibili non sono ancora stati raggiunti. [''Cfr.'' 5.42] Gli indefinibili della logica devono essere reciprocamente indipendenti. Se si introduce un indefinibile, bisogna introdurlo in tutte le combinazioni in cui può comparire. Non possiamo dunque introdurlo prima per una combinazione, poi per un’altra; se per esempio è stata introdotta la forma xRy, essa d’ora in poi deve essere compresa in proposizioni della forma aRb nello stesso identico modo in cui è compresa in proposizioni quali (∃x,y)xRy e altre. Non dobbiamo introdurla per una classe di casi prima, poi per un’altra; altrimenti si avrebbe ragione di dubitare se il suo significato sia o meno lo stesso nei due diversi frangenti e potrebbe non esserci motivo per utilizzare la stessa modalità di combinazione dei simboli. In breve, per l’introduzione di simboli indefinibili e combinazioni di simboli vale la stessa regola, ''mutatis mutandis'', formulata da Frege per l’introduzione di simboli tramite definizioni. [''Cfr.'' 5.451]
È facile ipotizzare che solo i simboli contenenti nomi di oggetti siano complessi e che di conseguenza “(x,φ)φx” o “(∃x,y)xRy” debbano essere semplici. È allora naturale considerare il primo il nome di una forma, il secondo il nome di una relazione. Ma in tal caso qual ''è'' il significato per esempio di “~(∃x,y).xRy”? Possiamo mettere “non” davanti a un nome? L’indefinibilità alternata mostra che gli indefinibili non sono ancora stati raggiunti. [''Cfr.'' 5.42] Gli indefinibili della logica devono essere reciprocamente indipendenti. Se si introduce un indefinibile, bisogna introdurlo in tutte le combinazioni in cui può comparire. Non possiamo dunque introdurlo prima per una combinazione, poi per un’altra; se per esempio è stata introdotta la forma xRy, essa d’ora in poi deve essere compresa in proposizioni della forma aRb nello stesso identico modo in cui è compresa in proposizioni quali (∃x,y)xRy e altre. Non dobbiamo introdurla per una classe di casi prima, poi per un’altra; altrimenti si avrebbe ragione di dubitare se il suo significato sia o meno lo stesso nei due diversi frangenti e potrebbe non esserci motivo per utilizzare la stessa modalità di combinazione dei simboli. In breve, per l’introduzione di simboli indefinibili e combinazioni di simboli vale la stessa regola, ''mutatis mutandis'', formulata da Frege per l’introduzione di simboli tramite definizioni. [''Cfr.'' 5.451]