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Né senso né significato di una proposizione sono cose. Qui le parole sono simboli incompleti. È evidente che comprendiamo proposizioni senza sapere se sono vere o false. Ma soltanto sapendo se la proposizione è vera o falsa possiamo conoscerne il significato. Ciò che comprendiamo è il senso della proposizione. Per comprendere una proposizione ''p'' non basta sapere che ''p'' implica “''p'' è vero”, dobbiamo anche sapere che ~''p'' implica “''p'' è falso”. Così emerge la bipolarità della proposizione. Comprendiamo una proposizione quando ne comprendiamo i costituenti e le forme. [''Cfr.'' 4.204] Se conosciamo il significato di “''a''” e di “''b''” e se sappiamo cosa significa “<span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>” per tutti i valori possibili di ''x'' e ''y'', allora comprendiamo anche “<span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>”. Comprendo la proposizione <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span> quando so che le corrisponde il fatto che <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span> oppure il fatto che non <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>; ciò però non va confuso con l’opinione falsa per cui comprendo “<span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>” se so che si verifica “<span class="nowrap">''a'' R ''b''</span> o non <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>”.
Né senso né significato di una proposizione sono cose. Qui le parole sono simboli incompleti. È evidente che comprendiamo proposizioni senza sapere se sono vere o false. Ma soltanto sapendo se la proposizione è vera o falsa possiamo conoscerne il significato. Ciò che comprendiamo è il senso della proposizione. Per comprendere una proposizione ''p'' non basta sapere che ''p'' implica “''p'' è vero”, dobbiamo anche sapere che ~''p'' implica “''p'' è falso”. Così emerge la bipolarità della proposizione. Comprendiamo una proposizione quando ne comprendiamo i costituenti e le forme. [''Cfr.'' 4.204] Se conosciamo il significato di “''a''” e di “''b''” e se sappiamo cosa significa “<span class="nowrap">''x'' R ''y''</span>” per tutti i valori possibili di ''x'' e ''y'', allora comprendiamo anche “<span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>”. Comprendo la proposizione <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span> quando so che le corrisponde il fatto che <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span> oppure il fatto che non <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>; ciò però non va confuso con l’opinione falsa per cui comprendo “<span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>” se so che si verifica “<span class="nowrap">''a'' R ''b''</span> o non <span class="nowrap">''a'' R ''b''</span>”.


Parlando propriamente, è sbagliato dire che comprendiamo la proposizione p quando sappiamo che “''p'' è vera” ≡ ''p''; in realtà le cose starebbero naturalmente così se per caso le due proposizioni ai lati del simbolo ≡ fossero entrambe vere o entrambe false. Noi non richiediamo solo equivalenza ma equivalenza formale, legata all’introduzione della forma di ''p''. Ciò che serve è l’equivalenza formale delle forme della preposizione, cioè di tutti gli indefinibili generali presenti.
Parlando propriamente, è sbagliato dire che comprendiamo la proposizione ''p'' quando sappiamo che “''p'' è vera” ≡ ''p''; in realtà le cose starebbero naturalmente così se per caso le due proposizioni ai lati del simbolo ≡ fossero entrambe vere o entrambe false. Noi non richiediamo solo equivalenza ma equivalenza formale, legata all’introduzione della forma di ''p''. Ciò che serve è l’equivalenza formale delle forme della preposizione, cioè di tutti gli indefinibili generali presenti.


Ci sono ''fatti positivi'' ''e'' ''negativi'': se la proposizione “Questa rosa non è rossa” è vera, allora la sua significazione è negativa. Ma non è l’occorrenza della parola “non” a indicarcelo, se già non sappiamo che la significazione della proposizione “Questa rosa è rossa” (quando è vera) è positiva. Solo basandoci sia sulla negazione sia sulla proposizione negata possiamo trarre conclusioni sulla significazione dell’intera proposizione. (Qui non parliamo delle negazioni delle proposizioni ''generali'', cioè di quelle che contengono variabili apparenti. Fatti negativi giustificano solo negazioni di proposizioni atomiche.) I fatti possono essere positivi e negativi ma non veri e falsi.
Ci sono ''fatti positivi e negativi'': se la proposizione “Questa rosa non è rossa” è vera, allora la sua significazione è negativa. Ma non è l’occorrenza della parola “non” a indicarcelo, se già non sappiamo che la significazione della proposizione “Questa rosa è rossa” (quando è vera) è positiva. Solo basandoci sia sulla negazione sia sulla proposizione negata possiamo trarre conclusioni sulla significazione dell’intera proposizione. (Qui non parliamo delle negazioni delle proposizioni ''generali'', cioè di quelle che contengono variabili apparenti. Fatti negativi giustificano solo negazioni di proposizioni atomiche.) I fatti possono essere positivi e negativi ma non veri e falsi.


Se trascuriamo il fatto che le proposizioni hanno un ''senso'' indipendente dalla loro verità o falsità, diventa facile convincersi che vero e falso siano due relazioni ugualmente giustificate tra il segno e ciò che viene significato. (Potremmo dire per esempio che “''q''” significa in modo vero ciò che “non-''q''” significa in modo falso.) Ma vero e falso non sono in realtà ugualmente giustificati? Non potremmo esprimerci servendoci di proposizioni false esattamente come finora ci siamo serviti di proposizioni vere, a patto solo di sapere che sono intese falsamente? No, poiché una proposizione è vera quando le cose stanno come asserisce; e di conseguenza se con “''q''” intendiamo “non-''q''”, e le cose stanno come intendiamo affermare, allora nella nuova interpretazione “''q''” è in realtà vera e ''non'' falsa. [4.061-2] Ma che noi ''siamo in grado'' di intendere la stessa cosa sia tramite “''q''” sia tramite “non-''q''” è importante, perché mostra che non è al simbolo “non” né al modo in cui si combina con “''q''” che corrisponde una caratteristica della denotazione di “''q''”. [''Cfr.'' 4.0621]
Se trascuriamo il fatto che le proposizioni hanno un ''senso'' indipendente dalla loro verità o falsità, diventa facile convincersi che vero e falso siano due relazioni ugualmente giustificate tra il segno e ciò che viene significato. (Potremmo dire per esempio che “''q''” significa in modo vero ciò che “non-''q''” significa in modo falso.) Ma vero e falso non sono in realtà ugualmente giustificati? Non potremmo esprimerci servendoci di proposizioni false esattamente come finora ci siamo serviti di proposizioni vere, a patto solo di sapere che sono intese falsamente? No, poiché una proposizione è vera quando le cose stanno come asserisce; e di conseguenza se con “''q''” intendiamo “non-''q''”, e le cose stanno come intendiamo affermare, allora nella nuova interpretazione “''q''” è in realtà vera e ''non'' falsa. [4.061-2] Ma che noi ''siamo in grado'' di intendere la stessa cosa sia tramite “''q''” sia tramite “non-''q''” è importante, perché mostra che non è al simbolo “non” né al modo in cui si combina con “''q''” che corrisponde una caratteristica della denotazione di “''q''”. [''Cfr.'' 4.0621]