Quaderni 1914-1916: Difference between revisions

no edit summary
No edit summary
No edit summary
Line 63: Line 63:
{{ParTB|5. 9. 14.}}
{{ParTB|5. 9. 14.}}


<p style="text-align: center;">''φ''a, ''φ''b, a R b = Def ''φ'' [a R b]</p>
<p style="text-align: center;">''ϕ''a, ''ϕ''b, a R b = Def ''ϕ'' [a R b]</p>


Ricordati che le parole “funzione”, “argomento”, “proposizione” ecc. non devono presentarsi nella logica.
Ricordati che le parole “funzione”, “argomento”, “proposizione” ecc. non devono presentarsi nella logica.
Line 116: Line 116:
Non farsi sommergere dalle questioni; che ci si metta comodi!
Non farsi sommergere dalle questioni; che ci si metta comodi!


“''φ''(''ψ''x)”: supponiamo che ci venga data la funzione di una proposizione soggetto-predicato, e che vogliamo chiarire il tipo di relazione che sussiste tra la funzione e la proposizione dicendo: la funzione si relaziona immediatamente solo con il soggetto della proposizione soggetto-predicato e ciò che indica è il prodotto logico che deriva da questa relazione e dal segno proposizionale soggetto-predicato. Se dicessimo questo, allora si potrebbe domandare: se puoi chiarire la proposizione in tal modo, perché non chiarisci anche il suo significato in maniera analoga? Ossia: “esso non è una funzione di un fatto del tipo soggetto-predicato, bensì il prodotto logico di un tale fatto e una funzione del suo soggetto”? L’obiezione che vale contro questa spiegazione- non deve valere anche contro quella?
“''ϕ''(''ψ''x)”: supponiamo che ci venga data la funzione di una proposizione soggetto-predicato, e che vogliamo chiarire il tipo di relazione che sussiste tra la funzione e la proposizione dicendo: la funzione si relaziona immediatamente solo con il soggetto della proposizione soggetto-predicato e ciò che indica è il prodotto logico che deriva da questa relazione e dal segno proposizionale soggetto-predicato. Se dicessimo questo, allora si potrebbe domandare: se puoi chiarire la proposizione in tal modo, perché non chiarisci anche il suo significato in maniera analoga? Ossia: “esso non è una funzione di un fatto del tipo soggetto-predicato, bensì il prodotto logico di un tale fatto e una funzione del suo soggetto”? L’obiezione che vale contro questa spiegazione- non deve valere anche contro quella?




Line 123: Line 123:
Adesso improvvisamente mi appare chiaro, in un certo qual modo, che una proprietà di uno stato di cose deve essere sempre interna.
Adesso improvvisamente mi appare chiaro, in un certo qual modo, che una proprietà di uno stato di cose deve essere sempre interna.


''φ''a, ''ψ''b, a R b. Si potrebbe dire che lo stato di cose a R b abbia una certa proprietà nel caso in cui siano vere entrambe le prime due proposizioni.
''ϕ''a, ''ψ''b, a R b. Si potrebbe dire che lo stato di cose a R b abbia una certa proprietà nel caso in cui siano vere entrambe le prime due proposizioni.


Quando dico: è bene che si dia p, allora ciò deve esser buono ''in sé''.
Quando dico: è bene che si dia p, allora ciò deve esser buono ''in sé''.
Line 249: Line 249:
{{ParTB|7. 10. 14.}}
{{ParTB|7. 10. 14.}}


Quando sia data una proposizione ''φ''a, con essa sono ''già'' date anche tutte le sue funzioni logiche (~''φ''a etc.)! <!--[''Cfr''. 5.442.]-->
Quando sia data una proposizione ''ϕ''a, con essa sono ''già'' date anche tutte le sue funzioni logiche (~''ϕ''a etc.)! <!--[''Cfr''. 5.442.]-->




Line 309: Line 309:
Consideriamo la proposizione: “esiste una classe con un solo elemento”. Oppure, il che è la stessa cosa, la proposizione:
Consideriamo la proposizione: “esiste una classe con un solo elemento”. Oppure, il che è la stessa cosa, la proposizione:


<p style="text-align: center;">(∃''φ'') : . (∃ x) : ''φ''x : ''φ''y . ''φ''z . ⊃<sub>y, z</sub> . y = z</p>
<p style="text-align: center;">(∃''ϕ'') : . (∃ x) : ''ϕ''x : ''ϕ''y . ''ϕ''z . ⊃<sub>y, z</sub> . y = z</p>


Che “(∃ x) x = x” sia tautologica potrebbe risultare comprensibile, poiché non si riuscirebbe affatto a scriverla se fosse falsa, ma qui! Possiamo indagare ''questa'' proposizione al posto dell’“assioma dell’infinito”!
Che “(∃ x) x = x” sia tautologica potrebbe risultare comprensibile, poiché non si riuscirebbe affatto a scriverla se fosse falsa, ma qui! Possiamo indagare ''questa'' proposizione al posto dell’“assioma dell’infinito”!
Line 319: Line 319:
Come stanno le cose con proposizioni come:
Come stanno le cose con proposizioni come:


<p style="text-align: center;">(∃ ''φ'') . (∃ x) . ''φ''x</p>
<p style="text-align: center;">(∃ ''ϕ'') . (∃ x) . ''ϕ''x</p>


<p style="text-align: center;">e: (∃ ''φ'') . (∃ x) . ~''φ''x.</p>
<p style="text-align: center;">e: (∃ ''ϕ'') . (∃ x) . ~''ϕ''x.</p>


Una di queste è una tautologia? Sono queste proposizioni di una scienza, vale a dire sono queste in generale delle ''proposizioni''?
Una di queste è una tautologia? Sono queste proposizioni di una scienza, vale a dire sono queste in generale delle ''proposizioni''?
Line 334: Line 334:
''Questo è chiaro'': se ci sono ''proposizioni'' completamente generalizzate, allora il loro senso non dipende più da alcuna attribuzione segnica arbitraria! Allora però una tale connessione di segni può rappresentare il mondo solo attraverso le sue proprie proprietà logiche, cioè essa non può esser falsa, e non può esser vera. Quindi non si danno PROPOSIZIONI completamente generalizzate. Ma ora l’applicazione!
''Questo è chiaro'': se ci sono ''proposizioni'' completamente generalizzate, allora il loro senso non dipende più da alcuna attribuzione segnica arbitraria! Allora però una tale connessione di segni può rappresentare il mondo solo attraverso le sue proprie proprietà logiche, cioè essa non può esser falsa, e non può esser vera. Quindi non si danno PROPOSIZIONI completamente generalizzate. Ma ora l’applicazione!


Prendiamo tuttavia le proposizioni: “(∃ ''φ'', x) . ''φ''x”
Prendiamo tuttavia le proposizioni: “(∃ ''ϕ'', x) . ''ϕ''x”


:e “~(∃ ''φ'', x) . ''φ''x”.
:e “~(∃ ''ϕ'', x) . ''ϕ''x”.


Quale di esse è tautologica, quale contraddittoria?
Quale di esse è tautologica, quale contraddittoria?
Line 351: Line 351:
{{ParTB|15. 10. 14.}}
{{ParTB|15. 10. 14.}}


Pare però che la semplice esistenza delle forme contenute in “(∃ x, ''φ'') . ''φ''x” ''non'' possa ''da sola'' determinare la verità o la falsità di questa proposizione! Non appare quindi ''impensabile'' che, ad esempio, nessuna negazione di una proposizione elementare sia vera. Ma questa affermazione non riguarderebbe già il SENSO ''della negazione''?
Pare però che la semplice esistenza delle forme contenute in “(∃ x, ''ϕ'') . ''ϕ''x” ''non'' possa ''da sola'' determinare la verità o la falsità di questa proposizione! Non appare quindi ''impensabile'' che, ad esempio, nessuna negazione di una proposizione elementare sia vera. Ma questa affermazione non riguarderebbe già il SENSO ''della negazione''?


Chiaramente possiamo considerare ogni proposizione assolutamente generale come l’affermazione o la negazione dell’esistenza di un qualche tipo di fatti. Ma ciò non vale per tutte le proposizioni?
Chiaramente possiamo considerare ogni proposizione assolutamente generale come l’affermazione o la negazione dell’esistenza di un qualche tipo di fatti. Ma ciò non vale per tutte le proposizioni?
Line 363: Line 363:
Se si ha paura della verità (come io adesso) non si presagisce mai ''tutta'' la verità.
Se si ha paura della verità (come io adesso) non si presagisce mai ''tutta'' la verità.


Qui ho considerato le relazioni degli elementi proposizionali ai loro significati alla stregua di tentacoli, grazie ai quali la proposizione entra in contatto con il mondo esterno; e la generalizzazione di una proposizione equivale quindi al ritrarre i tentacoli; finché la proposizione assolutamente generale non resta completamente isolata. Ma questa immagine è corretta? (Davvero ritiro un tentacolo, quando invece di ''φ''a, dico (∃ x) . ''φ''x?) <!--[''Cfr.'' 2.1515.]-->
Qui ho considerato le relazioni degli elementi proposizionali ai loro significati alla stregua di tentacoli, grazie ai quali la proposizione entra in contatto con il mondo esterno; e la generalizzazione di una proposizione equivale quindi al ritrarre i tentacoli; finché la proposizione assolutamente generale non resta completamente isolata. Ma questa immagine è corretta? (Davvero ritiro un tentacolo, quando invece di ''ϕ''a, dico (∃ x) . ''ϕ''x?) <!--[''Cfr.'' 2.1515.]-->




{{ParTB|16. 10. 14.}}
{{ParTB|16. 10. 14.}}


Ora pare però che precisamente quegli stessi motivi che io ho portato per mostrare che “(∃ x, ''φ'') . ''φ''x” non ''possa'' esser falsa, parlino anche a favore del fatto che “~(∃ x, ''φ'') . ''φ''x” non possa esser falsa; e qui si mostra un errore fondamentale. Poiché non si capisce perché proprio la prima proposizione, e non la seconda, debba essere una tautologia. Non si dimentichi che anche la contraddizione “p . ~p” etc. etc. non può esser vera eppure è a sua volta un costrutto logico.
Ora pare però che precisamente quegli stessi motivi che io ho portato per mostrare che “(∃ x, ''ϕ'') . ''ϕ''x” non ''possa'' esser falsa, parlino anche a favore del fatto che “~(∃ x, ''ϕ'') . ''ϕ''x” non possa esser falsa; e qui si mostra un errore fondamentale. Poiché non si capisce perché proprio la prima proposizione, e non la seconda, debba essere una tautologia. Non si dimentichi che anche la contraddizione “p . ~p” etc. etc. non può esser vera eppure è a sua volta un costrutto logico.


Posto che nessuna negazione di una proposizione elementare è vera, in tal caso non ha “negazione” un senso diverso che nel caso opposto?
Posto che nessuna negazione di una proposizione elementare è vera, in tal caso non ha “negazione” un senso diverso che nel caso opposto?


“(∃ ''φ'') : (x) . ''φ''x” – riguardo a questa proposizione appare quasi certo che essa non è né una tautologia, né una contraddizione. Qui il problema si acuisce in misura inaudita.  
“(∃ ''ϕ'') : (x) . ''ϕ''x” – riguardo a questa proposizione appare quasi certo che essa non è né una tautologia, né una contraddizione. Qui il problema si acuisce in misura inaudita.  




Line 387: Line 387:
Assumiamo, ad esempio, che il mondo consista di cose A e B e della proprietà F, e che si dia il caso di F(A) e non di F(B). Potremmo descrivere questo mondo anche attraverso le seguenti proposizioni:
Assumiamo, ad esempio, che il mondo consista di cose A e B e della proprietà F, e che si dia il caso di F(A) e non di F(B). Potremmo descrivere questo mondo anche attraverso le seguenti proposizioni:


:(∃ x, y) . (∃ ''φ'') . x ≠ y . ''φ''x . ~''φ''y : ''φ''u . ''φ''z. ⊃<sub>u, z</sub> . u = z
:(∃ x, y) . (∃ ''ϕ'') . x ≠ y . ''ϕ''x . ~''ϕ''y : ''ϕ''u . ''ϕ''z. ⊃<sub>u, z</sub> . u = z


:(∃ ''φ'') . (''ψ'') . ''ψ'' = ''φ''
:(∃ ''ϕ'') . (''ψ'') . ''ψ'' = ''ϕ''


:(∃ x , y) . (z) . z = x v z = y
:(∃ x , y) . (z) . z = x v z = y
Line 397: Line 397:
Da tutto ciò segue, ovviamente, che si ''danno proposizioni assolutamente generali''!
Da tutto ciò segue, ovviamente, che si ''danno proposizioni assolutamente generali''!


Non è sufficiente, sopra, la prima proposizione (∃x ,y, ''φ'') ''φ''x . ~''φ''y . x ≠ y? La difficoltà nell’identificazione può esser superata nel momento in cui il mondo intero viene descritto in ''una'' proposizione generale, che comincia: “(∃ x, y, z ... ''φ'', ''ψ'' ... R, S ...)” e poi segue un prodotto logico etc.
Non è sufficiente, sopra, la prima proposizione (∃x ,y, ''ϕ'') ''ϕ''x . ~''ϕ''y . x ≠ y? La difficoltà nell’identificazione può esser superata nel momento in cui il mondo intero viene descritto in ''una'' proposizione generale, che comincia: “(∃ x, y, z ... ''ϕ'', ''ψ'' ... R, S ...)” e poi segue un prodotto logico etc.


Quando diciamo “''φ'' è una funzione d’unità e (x) . ''φ''x”, ciò significa tanto quanto: “c’è soltanto una cosa”! (Con ciò abbiamo qui ''apparentemente'' aggirato la proposizione “(∃ x) (y) . y = x”.)
Quando diciamo “''ϕ'' è una funzione d’unità e (x) . ''ϕ''x”, ciò significa tanto quanto: “c’è soltanto una cosa”! (Con ciò abbiamo qui ''apparentemente'' aggirato la proposizione “(∃ x) (y) . y = x”.)




Line 448: Line 448:
La sensazione che la proposizione descriva un complesso alla stessa maniera delle descrizioni di Russell adesso si giustifica: la proposizione descrive il complesso attraverso le sue proprietà logiche.
La sensazione che la proposizione descriva un complesso alla stessa maniera delle descrizioni di Russell adesso si giustifica: la proposizione descrive il complesso attraverso le sue proprietà logiche.


La proposizione costruisce un mondo con l’aiuto della sua armatura logica, e perciò si può vedere nella proposizione anche come si comporterebbe ogni elemento logico se essa fosse vera: da una proposizione falsa si possono ''trarre'' ''conclusioni'' etc. (Così posso vedere che, se “(x, ''φ'') . ''φ''x” fosse vera, questa proposizione sarebbe in contraddizione con una proposizione “''ψ''a”.) <!--[''Cfr.'' 4.023.]-->
La proposizione costruisce un mondo con l’aiuto della sua armatura logica, e perciò si può vedere nella proposizione anche come si comporterebbe ogni elemento logico se essa fosse vera: da una proposizione falsa si possono ''trarre'' ''conclusioni'' etc. (Così posso vedere che, se “(x, ''ϕ'') . ''ϕ''x” fosse vera, questa proposizione sarebbe in contraddizione con una proposizione “''ψ''a”.) <!--[''Cfr.'' 4.023.]-->


Che sia possibile trarre conclusioni da proposizioni materiali a proposizioni assolutamente generali – che queste possano stare in rapporti interni ''significativi'' con quelle – mostra che le proposizioni assolutamente generali sono costruzioni logiche di stati di cose.
Che sia possibile trarre conclusioni da proposizioni materiali a proposizioni assolutamente generali – che queste possano stare in rapporti interni ''significativi'' con quelle – mostra che le proposizioni assolutamente generali sono costruzioni logiche di stati di cose.
Line 455: Line 455:
{{ParTB|21. 10. 14.}}
{{ParTB|21. 10. 14.}}


Non è forse insensata la definizione dello zero di Russell? Si può in generale parlare di una classe <math>\hat{x} (x \ne x)</math>? Si può quindi parlare di una classe <math>\hat{x}(x = x)</math>? Quindi x ≠ x o x = x è una funzione di x?? Lo zero non dev’esser definito attraverso l’''ipotesi'' (∃''φ''):(x)~''φ''x? E l’analogo varrebbe per tutti gli altri numeri. Questo getta una luce su tutta la questione relativa all’esistenza di numeri di cose.
Non è forse insensata la definizione dello zero di Russell? Si può in generale parlare di una classe <math>\hat{x} (x \ne x)</math>? Si può quindi parlare di una classe <math>\hat{x}(x = x)</math>? Quindi x ≠ x o x = x è una funzione di x?? Lo zero non dev’esser definito attraverso l’''ipotesi'' (∃''ϕ''):(x)~''ϕ''x? E l’analogo varrebbe per tutti gli altri numeri. Questo getta una luce su tutta la questione relativa all’esistenza di numeri di cose.


:<math>0 = \hat{\alpha} \{ ( \exists \phi ) : (x) \sim \phi x . \alpha = \hat{u} ( \phi u ) \} \text{ Def.}</math>
:<math>0 = \hat{\alpha} \{ ( \exists \phi ) : (x) \sim \phi x . \alpha = \hat{u} ( \phi u ) \} \text{ Def.}</math>
Line 469: Line 469:
Secondo la mia definizione delle classi, <math>(x). \sim \hat{x}(\phi x)</math> è l’affermazione che <math>\hat{x}(\phi x)</math> è zero, e la definizione dello zero è quindi <math>0 = \hat{\alpha} [(x). \sim \alpha ] \text{ Def.}</math>
Secondo la mia definizione delle classi, <math>(x). \sim \hat{x}(\phi x)</math> è l’affermazione che <math>\hat{x}(\phi x)</math> è zero, e la definizione dello zero è quindi <math>0 = \hat{\alpha} [(x). \sim \alpha ] \text{ Def.}</math>


Io pensavo che la possibilità della verità di una proposizione ''φ''(a) fosse legata al fatto (∃ x, ''φ'') . ''φ''x: ma non si capisce perché ''φ''a dovrebbe essere possibile solo allorquando si dà un’altra proposizione della stessa forma. ''φ''a non ha bisogno di nessun precedente. (Poiché, posto che si diano solo le due proposizioni elementari “''φ''a” e “''ψ''a” e “''φ''a” sia falsa: perché questa proposizione dovrebbe aver un senso solo nel caso in cui “''ψ''a” sia vera?!)
Io pensavo che la possibilità della verità di una proposizione ''ϕ''(a) fosse legata al fatto (∃ x, ''ϕ'') . ''ϕ''x: ma non si capisce perché ''ϕ''a dovrebbe essere possibile solo allorquando si dà un’altra proposizione della stessa forma. ''ϕ''a non ha bisogno di nessun precedente. (Poiché, posto che si diano solo le due proposizioni elementari “''ϕ''a” e “''ψ''a” e “''ϕ''a” sia falsa: perché questa proposizione dovrebbe aver un senso solo nel caso in cui “''ψ''a” sia vera?!)




Line 495: Line 495:
Per riconoscere il segno nel segno si deve far attenzione all’uso. <!--[''Cfr.'' 3.326.]-->
Per riconoscere il segno nel segno si deve far attenzione all’uso. <!--[''Cfr.'' 3.326.]-->


Se noi volessimo esprimere quel che esprimiamo attraverso “(x) . ''φ''x” anteponendo un indice a ''φ''x, ad esempio “Gen. ''φ''x”, ciò non sarebbe sufficiente (non sapremmo che cosa viene generalizzato).
Se noi volessimo esprimere quel che esprimiamo attraverso “(x) . ''ϕ''x” anteponendo un indice a ''ϕ''x, ad esempio “Gen. ''ϕ''x”, ciò non sarebbe sufficiente (non sapremmo che cosa viene generalizzato).


Se lo volessimo indicare attraverso un indice di “x”, ad esempio ''φ''(x<sub>A</sub>), anche ciò non sarebbe sufficiente (in tal modo non conosceremmo il dominio della generalità).
Se lo volessimo indicare attraverso un indice di “x”, ad esempio ''ϕ''(x<sub>A</sub>), anche ciò non sarebbe sufficiente (in tal modo non conosceremmo il dominio della generalità).


Se tentassimo riempiendo con un contrassegno gli spazi vuoti dell’argomento, ad esempio scrivendo “(A, A) . ''ψ''(A, A)”, ciò non sarebbe sufficiente (non potremmo stabilire l’identità delle variabili).
Se tentassimo riempiendo con un contrassegno gli spazi vuoti dell’argomento, ad esempio scrivendo “(A, A) . ''ψ''(A, A)”, ciò non sarebbe sufficiente (non potremmo stabilire l’identità delle variabili).
Line 525: Line 525:
Nel caso delle costanti logiche non si ha mai bisogno di sollevare questioni riguardo alla loro esistenza; esse possono addirittura ''scomparire''!
Nel caso delle costanti logiche non si ha mai bisogno di sollevare questioni riguardo alla loro esistenza; esse possono addirittura ''scomparire''!


Perché “''φ''(x̂)” non dovrebbe presentare come è (x) . ''φ''x? Non dipende qui tutto ''soltanto'' da ''come'' – in quale maniera – tale segno presenta qualcosa?
Perché “''ϕ''(x̂)” non dovrebbe presentare come è (x) . ''ϕ''x? Non dipende qui tutto ''soltanto'' da ''come'' – in quale maniera – tale segno presenta qualcosa?


Posto che io volessi rappresentare quattro coppie di uomini che lottano, non lo potrei fare rappresentandone una sola e dicendo: “Hanno tutte e quattro hanno questo stesso aspetto”? (Con questa aggiunta determino il modo della rappresentazione.) (In maniera simile rappresento (x) . ''φ''x attraverso “''φ''(x̂)”.)
Posto che io volessi rappresentare quattro coppie di uomini che lottano, non lo potrei fare rappresentandone una sola e dicendo: “Hanno tutte e quattro hanno questo stesso aspetto”? (Con questa aggiunta determino il modo della rappresentazione.) (In maniera simile rappresento (x) . ''ϕ''x attraverso “''ϕ''(x̂)”.)


Rifletti però sul fatto che non vi sono relazioni interne ipotetiche. Se è data una struttura e una relazione strutturale a essa, allora dev’esservi un’altra struttura che abbia tale relazione con la prima. (Ciò risiede appunto nell’essenza delle relazioni strutturali.)
Rifletti però sul fatto che non vi sono relazioni interne ipotetiche. Se è data una struttura e una relazione strutturale a essa, allora dev’esservi un’altra struttura che abbia tale relazione con la prima. (Ciò risiede appunto nell’essenza delle relazioni strutturali.)
Line 594: Line 594:
{{ParTB|30. 10. 14.}}
{{ParTB|30. 10. 14.}}


Si potrebbe dire: in “~''φ''(x)”, “''φ''(x)” presenta come ''non'' stanno le cose?
Si potrebbe dire: in “~''ϕ''(x)”, “''ϕ''(x)” presenta come ''non'' stanno le cose?


Si potrebbe rappresentare un fatto negativo anche in un’immagine, nel momento in cui si rappresenti che cosa ''non'' accade.
Si potrebbe rappresentare un fatto negativo anche in un’immagine, nel momento in cui si rappresenti che cosa ''non'' accade.
Line 617: Line 617:
{{ParTB|31. 10. 14.}}
{{ParTB|31. 10. 14.}}


Una proposizione come “(∃ x, ''φ'') . ''φ''x” è appunto assemblata altrettanto bene quanto una elementare; ciò si mostra nel fatto che nella parentesi dobbiamo citare ''appositamente'' “''φ''” e “x”. Entrambi stanno – indipendentemente – in una relazione di designazione rispetto al mondo, proprio come nel caso di una proposizione elementare “''ψ''a”. <!--[''Cfr.'' 5.5261.]-->
Una proposizione come “(∃ x, ''ϕ'') . ''ϕ''x” è appunto assemblata altrettanto bene quanto una elementare; ciò si mostra nel fatto che nella parentesi dobbiamo citare ''appositamente'' “''ϕ''” e “x”. Entrambi stanno – indipendentemente – in una relazione di designazione rispetto al mondo, proprio come nel caso di una proposizione elementare “''ψ''a”. <!--[''Cfr.'' 5.5261.]-->


Le cose non stanno forse così: che le costanti logiche caratterizzano la modalità di rappresentazione delle forme elementari della proposizione?
Le cose non stanno forse così: che le costanti logiche caratterizzano la modalità di rappresentazione delle forme elementari della proposizione?
Line 634: Line 634:
È alquanto facile confondere la relazione rappresentativa della proposizione rispetto al suo significato con la relazione veritativa. La prima è diversa per ogni diversa proposizione, la seconda è una e la stessa per tutte le proposizioni.
È alquanto facile confondere la relazione rappresentativa della proposizione rispetto al suo significato con la relazione veritativa. La prima è diversa per ogni diversa proposizione, la seconda è una e la stessa per tutte le proposizioni.


Sembra come se “(x, ''φ'') . ''φ''x” fosse la forma di un fatto ''φ''a . ''ψ''b . ''θ''c etc. (Similmente (∃ x) . ''φ''x sarebbe la forma di ''φ''a, come effettivamente anch’io ho creduto.)
Sembra come se “(x, ''ϕ'') . ''ϕ''x” fosse la forma di un fatto ''ϕ''a . ''ψ''b . ''θ''c etc. (Similmente (∃ x) . ''ϕ''x sarebbe la forma di ''ϕ''a, come effettivamente anch’io ho creduto.)


E proprio qui deve stare il mio errore.
E proprio qui deve stare il mio errore.


Esamina dunque la proposizione elementare: qual è dunque la forma di “''φ''a” e come si comporta rispetto a “~''φ''a”.
Esamina dunque la proposizione elementare: qual è dunque la forma di “''ϕ''a” e come si comporta rispetto a “~''ϕ''a”.


Quel precedente, al quale ci si vuol sempre richiamare, deve già risiedere nelsegno stesso. <!--[''Cfr.'' 5.525.]-->
Quel precedente, al quale ci si vuol sempre richiamare, deve già risiedere nelsegno stesso. <!--[''Cfr.'' 5.525.]-->
Line 758: Line 758:
Il segno proposizionale garantisce la possibilità dello stato di cose che esso rappresenta (non il fatto che questo stato di cose effettivamente avvenga), e ciò vale anche per le proposizioni generali.
Il segno proposizionale garantisce la possibilità dello stato di cose che esso rappresenta (non il fatto che questo stato di cose effettivamente avvenga), e ciò vale anche per le proposizioni generali.


Infatti, quando è dato il fatto positivo ''φ''a, allora è data anche la ''possibilità'' di (x) . ''φ''x, ~(∃ x) . ''φ''x, ~''φ''a etc. etc. (Tutte le costanti logiche sono già contenute nella proposizione elementare.) <!--[''Cfr.'' 5.47.]-->
Infatti, quando è dato il fatto positivo ''ϕ''a, allora è data anche la ''possibilità'' di (x) . ''ϕ''x, ~(∃ x) . ''ϕ''x, ~''ϕ''a etc. etc. (Tutte le costanti logiche sono già contenute nella proposizione elementare.) <!--[''Cfr.'' 5.47.]-->


Così sorge l’immagine.
Così sorge l’immagine.
Line 769: Line 769:
{{ParTB|6. 11. 14.}}
{{ParTB|6. 11. 14.}}


E qui il caso è assolutamente identico che in ~''φ''a, benché l’immagine tratti di ciò che non ''dovrebbe'' accadere, invece che di ciò che non accade.
E qui il caso è assolutamente identico che in ~''ϕ''a, benché l’immagine tratti di ciò che non ''dovrebbe'' accadere, invece che di ciò che non accade.


Che si possa negare nuovamente la proposizione negata mostra che ciò che viene negato è già una proposizione e non soltanto la preparazione per una proposizione. <!--[''Vedi'' 4.0641.]-->
Che si possa negare nuovamente la proposizione negata mostra che ciò che viene negato è già una proposizione e non soltanto la preparazione per una proposizione. <!--[''Vedi'' 4.0641.]-->
Line 824: Line 824:
Quando adesso sembro affermare una funzione della classe nulla, sto dicendo che questa funzione è vera per tutte le funzioni che sono nulle – e questo lo posso anche dire quando ''nessuna'' funzione è nulla.
Quando adesso sembro affermare una funzione della classe nulla, sto dicendo che questa funzione è vera per tutte le funzioni che sono nulle – e questo lo posso anche dire quando ''nessuna'' funzione è nulla.


x ≠ x. ≡<sub>x.</sub> ''φ''x è identica a
x ≠ x. ≡<sub>x.</sub> ''ϕ''x è identica a


(x) . ~''φ''x ? Certamente!
(x) . ~''ϕ''x ? Certamente!


La proposizione accenna alla possibilità che le cose stiano così e così.
La proposizione accenna alla possibilità che le cose stiano così e così.
Line 892: Line 892:
{{ParTB|17. 11. 14.}}
{{ParTB|17. 11. 14.}}


Posto che ''φ''a è vero, che vuol dire affermare che ~''φ''a è possibile?
Posto che ''ϕ''a è vero, che vuol dire affermare che ~''ϕ''a è possibile?


(''φ''a ha essa stessa il medesimo significato di ~(~''φ''a).)
(''ϕ''a ha essa stessa il medesimo significato di ~(~''ϕ''a).)




Line 916: Line 916:
{{ParTB|21. 11. 14.}}
{{ParTB|21. 11. 14.}}


Che cosa so propriamente quando comprendo il senso di ''φ''a ma non so se è vera o falsa? In tal caso io non so niente di più che ''φ''a ∨ ~''φ''a; e ciò vuol dire che io non ''so'' nulla.
Che cosa so propriamente quando comprendo il senso di ''ϕ''a ma non so se è vera o falsa? In tal caso io non so niente di più che ''ϕ''a ∨ ~''ϕ''a; e ciò vuol dire che io non ''so'' nulla.


Poiché le realtà che corrispondono al senso di una proposizione sono soltanto le sue parti costitutive, anche le coordinate logiche possono relazionarsi solo a esse.
Poiché le realtà che corrispondono al senso di una proposizione sono soltanto le sue parti costitutive, anche le coordinate logiche possono relazionarsi solo a esse.
Line 935: Line 935:
Proposizione e stato di cose si comportano l’una rispetto all’altro come il metro e la distanza da misurare.
Proposizione e stato di cose si comportano l’una rispetto all’altro come il metro e la distanza da misurare.


Che dalla ''proposizione'' “(x) . ''φ''x” si possa concludere alla ''proposizione'' “''φ''a” mostra come la generalità sia presente anche nel ''segno'' “(x) . ''φ''x”.
Che dalla ''proposizione'' “(x) . ''ϕ''x” si possa concludere alla ''proposizione'' “''ϕ''a” mostra come la generalità sia presente anche nel ''segno'' “(x) . ''ϕ''x”.


E lo stesso vale naturalmente per la designazione della generalità come tale.
E lo stesso vale naturalmente per la designazione della generalità come tale.
Line 958: Line 958:
Nell’indagine di questi problemi è sempre ancora come se essi fossero già risolti, e questo inganno deriva dal fatto che spesso i problemi scompaiono completamente dalla nostra vista.
Nell’indagine di questi problemi è sempre ancora come se essi fossero già risolti, e questo inganno deriva dal fatto che spesso i problemi scompaiono completamente dalla nostra vista.


Che si verifichi ~''φ''a può essere desunto attraverso l’osservazione dei soli ''φ''x̂ e a.
Che si verifichi ~''ϕ''a può essere desunto attraverso l’osservazione dei soli ''ϕ''x̂ e a.


La questione è qui: il fatto positivo è primario e quello negativo secondario, o hanno lo stesso valore? E in tal caso, come si fa coi fatti p ∨ q, p ⊃ q etc.? Questi non hanno lo stesso valore di ~p? Ma non ''devono'' allora ''tutti i fatti'' aver lo stesso valore? La questione e in realtà la seguente: ci sono fatti al di fuori di quelli positivi? (È in effetti difficile non confondere ciò che non accade con ciò che ''accade'' al suo posto).
La questione è qui: il fatto positivo è primario e quello negativo secondario, o hanno lo stesso valore? E in tal caso, come si fa coi fatti p ∨ q, p ⊃ q etc.? Questi non hanno lo stesso valore di ~p? Ma non ''devono'' allora ''tutti i fatti'' aver lo stesso valore? La questione e in realtà la seguente: ci sono fatti al di fuori di quelli positivi? (È in effetti difficile non confondere ciò che non accade con ciò che ''accade'' al suo posto).
Line 973: Line 973:
Quando tutte le affermazioni positive di una cosa siano state fatte, non sono già state fatte anche tutte quelle negative? E da questo dipende tutto!  
Quando tutte le affermazioni positive di una cosa siano state fatte, non sono già state fatte anche tutte quelle negative? E da questo dipende tutto!  


Il temuto dualismo di positivo e negativo allora non sussiste, poiché (x) . ''φ''x etc. etc. non sono né positive, né negative.
Il temuto dualismo di positivo e negativo allora non sussiste, poiché (x) . ''ϕ''x etc. etc. non sono né positive, né negative.


Se già la proposizione positiva non ''deve'' presentarsi in quella negativa, l’immagine originaria della proposizione positiva non deve in ogni caso presentarsi in quella negativa?
Se già la proposizione positiva non ''deve'' presentarsi in quella negativa, l’immagine originaria della proposizione positiva non deve in ogni caso presentarsi in quella negativa?
Line 1,004: Line 1,004:
Ciò che ''può'' esser mostrato non può esser detto. <!--[''V.'' 4.1212.]-->
Ciò che ''può'' esser mostrato non può esser detto. <!--[''V.'' 4.1212.]-->


Io credo che si potrebbe escludere del tutto il segno di uguaglianza dalla nostra notazione e alludere all’uguaglianza sempre solo attraverso l’uguaglianza dei segni (eventualmente). Allora ''φ''(a, a) non sarebbe chiaramente un caso particolare di (x, y) . ''φ''(x , y) e ''φ''a non lo sarebbe di (∃ x, y) . ''φ''x . ''φ''y. Allora però al posto di ''φ''x . ''φ''y ⊃<sub>x, y</sub> x = y si potrebbe scrivere semplicemente ~(∃x, y) . ''φ''x . ''φ''y. <!--[''Cfr.'' 5.53 e 5.533.]-->
Io credo che si potrebbe escludere del tutto il segno di uguaglianza dalla nostra notazione e alludere all’uguaglianza sempre solo attraverso l’uguaglianza dei segni (eventualmente). Allora ''ϕ''(a, a) non sarebbe chiaramente un caso particolare di (x, y) . ''ϕ''(x , y) e ''ϕ''a non lo sarebbe di (∃ x, y) . ''ϕ''x . ''ϕ''y. Allora però al posto di ''ϕ''x . ''ϕ''y ⊃<sub>x, y</sub> x = y si potrebbe scrivere semplicemente ~(∃x, y) . ''ϕ''x . ''ϕ''y. <!--[''Cfr.'' 5.53 e 5.533.]-->


Attraverso questa notazione anche la proposizione apparente (x) x = a o simili perdono ogni parvenza di legittimità. <!--[''Cfr.'' 5.534.]-->
Attraverso questa notazione anche la proposizione apparente (x) x = a o simili perdono ogni parvenza di legittimità. <!--[''Cfr.'' 5.534.]-->
Line 1,452: Line 1,452:
La cosiddetta legge di induzione non può in ogni caso esser una legge logica, poiché è palesemente una proposizione. <!--[''Vedi'' 6.31.]-->
La cosiddetta legge di induzione non può in ogni caso esser una legge logica, poiché è palesemente una proposizione. <!--[''Vedi'' 6.31.]-->


La classe di tutte le proposizioni della forma Fx è la proposizione (x)''φ''x.
La classe di tutte le proposizioni della forma Fx è la proposizione (x)''ϕ''x.




Line 2,068: Line 2,068:
Noi raffiguriamo la cosa, la relazione, la proprietà attraverso variabili e mostriamo così di non dedurre queste idee da certi casi che ci si presentano, ma di possederle in qualche modo a priori.
Noi raffiguriamo la cosa, la relazione, la proprietà attraverso variabili e mostriamo così di non dedurre queste idee da certi casi che ci si presentano, ma di possederle in qualche modo a priori.


Si pone infatti la questione: se le singole forme mi sono date per così dire nell’esperienza, allora non sono autorizzato a farne uso nella logica, allora non sono in effetti autorizzato a scrivere nessuna x e nessun ''φ''y. Ma questo non può proprio affatto essere evitato.
Si pone infatti la questione: se le singole forme mi sono date per così dire nell’esperienza, allora non sono autorizzato a farne uso nella logica, allora non sono in effetti autorizzato a scrivere nessuna x e nessun ''ϕ''y. Ma questo non può proprio affatto essere evitato.


Chiesto di passaggio: la logica si occupa di determinati generi di funzioni e simili? E se no, che cosa significano in allora in logica Fx, ''φ''z e così via?
Chiesto di passaggio: la logica si occupa di determinati generi di funzioni e simili? E se no, che cosa significano in allora in logica Fx, ''ϕ''z e così via?


''Questi devono allora esser segni di significato più generale!''
''Questi devono allora esser segni di significato più generale!''
Line 2,213: Line 2,213:
{{ParTB|16. 4. 16.}}
{{ParTB|16. 4. 16.}}


''Ogni'' proposizione semplice può essere trasporta nella forma ''φ''x.
''Ogni'' proposizione semplice può essere trasporta nella forma ''ϕ''x.


Perciò è concesso comporre tutte le proposizioni semplici da questa forma.
Perciò è concesso comporre tutte le proposizioni semplici da questa forma.
Line 2,259: Line 2,259:
Diciamo che io voglia rappresentare una funzione di 3 argomenti tra loro non interscambiabili.
Diciamo che io voglia rappresentare una funzione di 3 argomenti tra loro non interscambiabili.


''φ''(x): ''φ''( ), x
''ϕ''(x): ''ϕ''( ), x


Ma in logica si dovrebbe parlare di argomenti non interscambiabili? Se sì, ciò presuppone qualcosa a proposito della costituzione della realtà.
Ma in logica si dovrebbe parlare di argomenti non interscambiabili? Se sì, ciò presuppone qualcosa a proposito della costituzione della realtà.
Line 2,281: Line 2,281:
| (''ξ'', ''η'') ... è un membro qualsiasi della serie dei risultati dell’operazione.
| (''ξ'', ''η'') ... è un membro qualsiasi della serie dei risultati dell’operazione.


(∃x) . ''φ''x
(∃x) . ''ϕ''x


Allora (∃x) etc. è effettivamente un’operazione?
Allora (∃x) etc. è effettivamente un’operazione?
Line 2,437: Line 2,437:
Sempre di nuovo si ha la sensazione che anche nella proposizione elementare si parli di tutti gli oggetti.
Sempre di nuovo si ha la sensazione che anche nella proposizione elementare si parli di tutti gli oggetti.


(∃x) ''φ''x . x = a
(∃x) ''ϕ''x . x = a


Se sono date due operazioni che non si lasciano ridurre a ''una'', allora deve potersi formulare perlomeno una forma generale della loro combinazione.
Se sono date due operazioni che non si lasciano ridurre a ''una'', allora deve potersi formulare perlomeno una forma generale della loro combinazione.


''φ''x, ''ψ''y | ''χ''z , (∃x). , (x).
''ϕ''x, ''ψ''y | ''χ''z , (∃x). , (x).


Poiché si può evidentemente chiarire con facilità come si possano e come non si debbano formare proposizioni con queste operazioni , allora ciò si deve poter ''in qualche modo'' esprimere in maniera esatta.
Poiché si può evidentemente chiarire con facilità come si possano e come non si debbano formare proposizioni con queste operazioni , allora ciò si deve poter ''in qualche modo'' esprimere in maniera esatta.
Line 3,002: Line 3,002:
{{ParTB|2. 12. 16.}}
{{ParTB|2. 12. 16.}}


La somiglianza tra la designazione della generalità e l’argomento si mostra quando invece che ''φ''a scriviamo (ax)''φ''x. <!--[''Cfr.'' 5.523.]-->
La somiglianza tra la designazione della generalità e l’argomento si mostra quando invece che ''ϕ''a scriviamo (ax)''ϕ''x. <!--[''Cfr.'' 5.523.]-->


Si potrebbero introdurre gli argomenti anche presentandoli solo da una parte del segno di uguaglianza. Ossia sempre analogamente a “(∃x) . ''φ''x . x = a” anziché “''φ''a”.
Si potrebbero introdurre gli argomenti anche presentandoli solo da una parte del segno di uguaglianza. Ossia sempre analogamente a “(∃x) . ''ϕ''x . x = a” anziché “''ϕ''a”.


Il metodo corretto nella filosofia sarebbe propriamente quello di non dire nulla oltre a ciò che si può dire, ossia quanto è scientifico-naturale, ossia qualcosa che non ha nulla a che fare con la filosofia, e poi, ogni volta che qualcun altro voglia dire qualcosa di metafisico, dimostrargli che non ha dato alcun significato a certi segni nelle sue proposizioni. <!--[''Vedi'' 6.53.]-->
Il metodo corretto nella filosofia sarebbe propriamente quello di non dire nulla oltre a ciò che si può dire, ossia quanto è scientifico-naturale, ossia qualcosa che non ha nulla a che fare con la filosofia, e poi, ogni volta che qualcun altro voglia dire qualcosa di metafisico, dimostrargli che non ha dato alcun significato a certi segni nelle sue proposizioni. <!--[''Vedi'' 6.53.]-->