Alcune osservazioni sulla forma logica: Difference between revisions

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Uno potrebbe pensare – e io stesso lo pensavo non molto tempo fa – che un’asserzione che esprime il grado di una qualità possa essere analizzata come un prodotto logico di singole asserzioni di quantità e di un’asserzione aggiuntiva di complemento. Così potrei descrivere il contenuto della mia tasca dicendo: “Contiene un penny, uno scellino, due chiavi, e nient’altro”. Questo “e nient’altro” è l’asserzione supplementare che completa la descrizione. Ma ciò, come analisi di un’asserzione di grado, non va bene. Infatti, se noi chiamiamo l’unità di misura, poniamo, della luminosità “''b''” e se E(''b'') è l’asserzione che l’entità E possiede quella luminosità, allora la proposizione E(2''b''), che dice che E ha due gradi di luminosità, dovrebbe essere analizzabile come il prodotto logico E(''b'') ˄ E(''b''), ma questo è uguale a E(''b''). Se, d’altra parte, proviamo a distinguere tra le unità e scriviamo dunque E(2''b'') = E(''b''<nowiki>'</nowiki>) ˄ E(''b''"), assumiamo due differenti misure della luminosità e, di conseguenza, se un’entità possiede una sola unità, può sorgere la questione di quale delle due – ''b''<nowiki>'</nowiki> o ''b''" – essa sia; il che è ovviamente un’assurdità.
Uno potrebbe pensare – e io stesso lo pensavo non molto tempo fa – che un’asserzione che esprime il grado di una qualità possa essere analizzata come un prodotto logico di singole asserzioni di quantità e di un’asserzione aggiuntiva di complemento. Così potrei descrivere il contenuto della mia tasca dicendo: “Contiene un penny, uno scellino, due chiavi, e nient’altro”. Questo “e nient’altro” è l’asserzione supplementare che completa la descrizione. Ma ciò, come analisi di un’asserzione di grado, non va bene. Infatti, se noi chiamiamo l’unità di misura, poniamo, della luminosità “''b''” e se E(''b'') è l’asserzione che l’entità E possiede quella luminosità, allora la proposizione E(2''b''), che dice che E ha due gradi di luminosità, dovrebbe essere analizzabile come il prodotto logico E(''b'') ˄ E(''b''), ma questo è uguale a E(''b''). Se, d’altra parte, proviamo a distinguere tra le unità e scriviamo dunque E(2''b'') = E(''b''<nowiki>'</nowiki>) ˄ E(''b''"), assumiamo due differenti misure della luminosità e, di conseguenza, se un’entità possiede una sola unità, può sorgere la questione di quale delle due – ''b''<nowiki>'</nowiki> o ''b''" – essa sia; il che è ovviamente un’assurdità.


Io ritengo che l’asserzione che attribuisce un grado a una qualità non possa essere ulteriormente analizzata e che, inoltre, la relazione di differenza di grado è una relazione interna e che pertanto essa è rappresentata da una relazione interna tra le asserzioni che attribuiscono i differenti gradi. In altri termini, l’asserzione atomica deve avere la stessa molteplicità del grado che esso attribuisce; dal che risulta che i numeri debbono entrare nella forma delle proposizioni atomiche. La mutua esclusione delle asserzioni di grado non analizzabili confuta un’opinione che fu da me resa pubblica diversi anni fa e che implicava che le proposizioni atomiche non possono escludersi a vicenda. Qui dico deliberatamente “escludere” e non “contraddire”, perché c’è una differenza tra queste due nozioni e le proposizioni atomiche, per quanto non possano contraddirsi, possono escludersi reciprocamente. Cercherò di spiegarlo. Ci sono funzioni che possono dare come risultato una proposizione vera per un solo valore del loro argomento poiché – se mi è consentito esprimermi in questo modo – c’è posto al loro interno per uno solo di essi. Si prenda, ad esempio, una proposizione che asserisce l’esistenza di un colore R in un dato momento T in un dato punto P del nostro campo visivo. Scriverò questa proposizione {{nowrap|“R P T”}} e farò astrazione per il momento da ogni considerazione su come un asserto del genere debba essere ulteriormente analizzato. {{nowrap|“B P T”}}, quindi, dice che il colore B è nel punto P nel momento T e qui risulterà chiaro alla maggior parte di noi, e a tutti noi nella nostra vita quotidiana, che {{nowrap|“R P T ˄ B P T”}} è una specie di contraddizione (e non soltanto una proposizione falsa). Ora, se le asserzioni di grado fossero analizzabili – come io pensavo – potremmo spiegare questa contraddizione dicendo che il colore R contiene tutti i gradi di R e nessuno di B e che il colore B contiene tutti i gradi di B e nessuno di R. Ma da quanto detto segue che nessuna analisi può sopprimere asserzioni di grado. Come avviene allora la mutua esclusione di {{nowrap|R P T}} e {{nowrap|B P T}}? Io ritengo che consista nel fatto che {{nowrap|R P T}} così come {{nowrap|B P T}} sono in un certo senso complete. Ciò che corrisponde nella realtà alla funzione {{nowrap|“( ) P T”}} lascia spazio soltanto per una entità – nello stesso senso, in effetti, in cui diciamo che su una sedia c’è spazio soltanto per una persona. Il nostro simbolismo, che ci permette di comporre il segno del prodotto logico di {{nowrap|“R P T”}} e {{nowrap|“B P T”}}, non fornisce qui un’immagine corretta della realtà.
Io ritengo che l’asserzione che attribuisce un grado a una qualità non possa essere ulteriormente analizzata e che, inoltre, la relazione di differenza di grado è una relazione interna e che pertanto essa è rappresentata da una relazione interna tra le asserzioni che attribuiscono i differenti gradi. In altri termini, l’asserzione atomica deve avere la stessa molteplicità del grado che esso attribuisce; dal che risulta che i numeri debbono entrare nella forma delle proposizioni atomiche. La mutua esclusione delle asserzioni di grado non analizzabili confuta un’opinione che fu da me resa pubblica diversi anni fa e che implicava che le proposizioni atomiche non possono escludersi a vicenda. Qui dico deliberatamente “escludere” e non “contraddire”, perché c’è una differenza tra queste due nozioni e le proposizioni atomiche, per quanto non possano contraddirsi, possono escludersi reciprocamente. Cercherò di spiegarlo. Ci sono funzioni che possono dare come risultato una proposizione vera per un solo valore del loro argomento poiché – se mi è consentito esprimermi in questo modo – c’è posto al loro interno per uno solo di essi. Si prenda, ad esempio, una proposizione che asserisce l’esistenza di un colore R in un dato momento T in un dato punto P del nostro campo visivo. Scriverò questa proposizione {{nowrap|“R P T”}} e farò astrazione per il momento da ogni considerazione su come un asserto del genere debba essere ulteriormente analizzato. {{nowrap|“B P T”}}, quindi, dice che il colore B è nel punto P nel momento T e qui risulterà chiaro alla maggior parte di noi, e a tutti noi nella nostra vita quotidiana, che {{nowrap|“R P T ˄ B P T”}} è una specie di contraddizione (e non soltanto una proposizione falsa). Ora, se le asserzioni di grado fossero analizzabili – come io pensavo – potremmo spiegare questa contraddizione dicendo che il colore R contiene tutti i gradi di R e nessuno di B e che il colore B contiene tutti i gradi di B e nessuno di R. Ma da quanto detto segue che nessuna analisi può sopprimere asserzioni di grado. Come avviene allora la mutua esclusione di {{nowrap|R P T}} e {{nowrap|B P T}}? Io ritengo che consista nel fatto che {{nowrap|R P T}} così come {{nowrap|B P T}} sono in un certo senso ''complete''. Ciò che corrisponde nella realtà alla funzione {{nowrap|“( ) P T”}} lascia spazio soltanto per una entità – nello stesso senso, in effetti, in cui diciamo che su una sedia c’è spazio soltanto per una persona. Il nostro simbolismo, che ci permette di comporre il segno del prodotto logico di {{nowrap|“R P T”}} e {{nowrap|“B P T”}}, non fornisce qui un’immagine corretta della realtà.


Ho detto altrove che una proposizione “raggiunge la realtà” e con ciò io intendevo che le forme delle entità sono contenute nella forma della proposizione che verte su quelle entità. Giacché l’enunciato, insieme al modo di proiezione che proietta la realtà nell’enunciato, determina la forma logica delle entità, proprio come nella nostra similitudine una figura sul piano II, insieme al suo modo di proiezione, determina la forma della figura sul piano I. Questa osservazione, credo, ci dà la chiave per la spiegazione della mutua esclusione di {{nowrap|R P T}} e {{nowrap|B P T}}. Infatti, se la proposizione contiene la forma di un’entità di cui parla, allora è possibile che due proposizioni collidano relativamente a questa stessa forma. Le proposizioni “Brown in questo momento è seduto su questa sedia” e “Jones in questo momento è seduto su questa sedia” cercano ognuna, per così dire, di mettere sulla sedia il proprio soggetto. Ma il prodotto logico di queste proposizioni li mette là entrambi simultaneamente e questo porta a una collisione, a una mutua esclusione di questi soggetti. Come si presenta questa esclusione nel simbolismo? Possiamo scrivere il prodotto logico delle due proposizioni ''p'' e ''q'' nel modo seguente:
Ho detto altrove che una proposizione “raggiunge la realtà” e con ciò io intendevo che le forme delle entità sono contenute nella forma della proposizione che verte su quelle entità. Giacché l’enunciato, insieme al modo di proiezione che proietta la realtà nell’enunciato, determina la forma logica delle entità, proprio come nella nostra similitudine una figura sul piano II, insieme al suo modo di proiezione, determina la forma della figura sul piano I. Questa osservazione, credo, ci dà la chiave per la spiegazione della mutua esclusione di {{nowrap|R P T}} e {{nowrap|B P T}}. Infatti, se la proposizione contiene la forma di un’entità di cui parla, allora è possibile che due proposizioni collidano relativamente a questa stessa forma. Le proposizioni “Brown in questo momento è seduto su questa sedia” e “Jones in questo momento è seduto su questa sedia” cercano ognuna, per così dire, di mettere sulla sedia il proprio soggetto. Ma il prodotto logico di queste proposizioni li mette là entrambi simultaneamente e questo porta a una collisione, a una mutua esclusione di questi soggetti. Come si presenta questa esclusione nel simbolismo? Possiamo scrivere il prodotto logico delle due proposizioni ''p'' e ''q'' nel modo seguente: