Conferenza sull’etica: Difference between revisions

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Permettetemi di spiegare: supponiamo che uno di voi fosse onnisciente, e di conseguenza conoscesse tutti i movimenti di tutti i corpi del mondo, inerti o viventi, e che conoscesse anche tutti gli stati mentali di tutti gli esseri umani che abbiano mai vissuto, e supponiamo che quest’uomo scrivesse tutto ciò che sa in un grande libro; allora questo libro conterrebbe l’intera descrizione del mondo; e quello che voglio dire è che questo libro non conterrebbe niente che chiameremmo un giudizio etico, e nemmeno niente che implicherebbe logicamente un tale giudizio. Esso naturalmente conterrebbe tutti i giudizi relativi di valore e tutte le proposizioni scientifiche vere e, in effetti, tutte le proposizioni vere che possono essere costruite. Ma tutti i fatti descritti sarebbero, per così dire, sullo stesso piano, e allo stesso modo tutte le proposizioni sarebbero sullo stesso piano.
Permettetemi di spiegare: supponiamo che uno di voi fosse onnisciente, e di conseguenza conoscesse tutti i movimenti di tutti i corpi del mondo, inerti o viventi, e che conoscesse anche tutti gli stati mentali di tutti gli esseri umani che abbiano mai vissuto, e supponiamo che quest’uomo scrivesse tutto ciò che sa in un grande libro; allora questo libro conterrebbe l’intera descrizione del mondo; e quello che voglio dire è che questo libro non conterrebbe niente che chiameremmo un giudizio etico, e nemmeno niente che implicherebbe logicamente un tale giudizio. Esso naturalmente conterrebbe tutti i giudizi relativi di valore e tutte le proposizioni scientifiche vere e, in effetti, tutte le proposizioni vere che possono essere costruite. Ma tutti i fatti descritti sarebbero, per così dire, sullo stesso piano, e allo stesso modo tutte le proposizioni sarebbero sullo stesso piano.


Non vi sono proposizioni che siano sublimi, importanti o triviali in alcun senso assoluto. Forse alcuni di voi saranno d’accordo con me su questo punto e torneranno loro in mente le parole di Amleto: “Niente è buono né cattivo, se non nel pensiero”. Ma anche questo potrebbe condurre a un fraintendimento. Ciò che dice Amleto sembra implicare che il buono e il cattivo, pur non essendo qualità del mondo fuori di noi, siano attributi dei nostri stati mentali. Ma quello che intendo io è che uno stato mentale, nella misura in cui con ciò intendiamo un fatto che possiamo descrivere, non è buono o cattivo in alcun senso etico. Se per esempio nel nostro libro del mondo leggiamo la descrizione di un assassinio, con tutti i suoi dettagli fisici e psicologici, la mera descrizione di questi fatti non conterrà niente che potremmo chiamare una proposizione ''etica''. L’assassinio sarà esattamente sullo stesso piano di ogni altro evento, per esempio la caduta di un sasso. Certamente la lettura di questa descrizione potrà darci dolore, o rabbia, o qualsiasi altra emozione, e potremo leggere del dolore o della rabbia causati da questo assassinio in altre persone che ne hanno sentito parlare, ma in ciò si troveranno semplicemente fatti, fatti e fatti, ma niente che abbia a che fare con l’etica.
Non vi sono proposizioni che siano sublimi, importanti o triviali in alcun senso assoluto. Forse alcuni di voi saranno d’accordo con me su questo punto e torneranno loro in mente le parole di Amleto: “Niente è buono né cattivo, se non nel pensiero”. Ma anche questo potrebbe condurre a un fraintendimento. Ciò che dice Amleto sembra implicare che il buono e il cattivo, pur non essendo qualità del mondo fuori di noi, siano attributi dei nostri stati mentali. Ma quello che intendo io è che uno stato mentale, nella misura in cui con ciò intendiamo un fatto che possiamo descrivere, non è buono o cattivo in alcun senso etico. Se per esempio nel nostro libro del mondo leggiamo la descrizione di un assassinio, con tutti i suoi dettagli fisici e psicologici, la mera descrizione di questi fatti non conterrà niente che si possa chiamare una proposizione ''etica''. L’assassinio sarà esattamente sullo stesso piano di ogni altro evento, per esempio la caduta di un sasso. Certamente la lettura di questa descrizione potrà darci dolore, o rabbia, o qualsiasi altra emozione, e potremo leggere del dolore o della rabbia causati da questo assassinio in altre persone che ne hanno sentito parlare, ma in ciò si troveranno semplicemente fatti, fatti e fatti, ma niente che abbia a che fare con l’etica.


E devo dire che, se rifletto su ciò che l’etica realmente dovrebbe essere se una tale scienza esistesse, questo risultato mi sembra del tutto ovvio. Mi sembra ovvio che niente di ciò che potremmo mai pensare o dire sarebbe ''il punto''. Che non possiamo scrivere un libro scientifico il cui oggetto sia intrinsecamente sublime e superiore a ogni altro oggetto. Posso descrivere i miei sentimenti solo con questa metafora: se un uomo potesse scrivere un libro sull’etica che fosse davvero un libro sull’etica, questo libro distruggerebbe, con un’esplosione, tutti gli altri libri del mondo.
E devo dire che, se rifletto su ciò che l’etica realmente dovrebbe essere se una tale scienza esistesse, questo risultato mi sembra del tutto ovvio. Mi sembra ovvio che niente di ciò che potremmo mai pensare o dire sarebbe ''il punto''. Che non possiamo scrivere un libro scientifico il cui oggetto sia intrinsecamente sublime e superiore a ogni altro oggetto. Riesco a descrivere i miei sentimenti solo con questa metafora: se un uomo potesse scrivere un libro sull’etica che fosse davvero un libro sull’etica, questo libro distruggerebbe, con un’esplosione, tutti gli altri libri del mondo.


Le nostre parole, usate come le usiamo nella scienza, sono vascelli capaci solo di contenere e condurre in porto significato e senso, significato e senso ''naturali''. L’etica, se è qualcosa, è soprannaturale, e le nostre parole non possono esprimere che fatti; come una tazza non può contenere che una tazza d’acqua, dovessi versarcene sopra un gallone.
Le nostre parole, usate come le usiamo nella scienza, sono vascelli capaci solo di contenere e condurre in porto significato e senso, significato e senso ''naturali''. L’etica, se è qualcosa, è soprannaturale, e le nostre parole non possono esprimere che fatti; come una tazza non può contenere che una tazza d’acqua, dovessi versarcene sopra un gallone.
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Ho detto che per quanto riguarda fatti e proposizioni vi è solo valore relativo e bene relativo, giustizia relativa eccetera. Permettetemi, prima di proseguire, di illustrare questo punto con un altro esempio piuttosto ovvio. La strada giusta è la strada che conduce a una destinazione arbitrariamente predeterminata ed è perfettamente chiaro a tutti noi che non ha senso parlare della strada giusta a prescindere da una tale meta predeterminata. Cerchiamo di capire cosa potremmo mai voler dire con l’espressione “la strada ''assolutamente'' giusta”. Immagino che sarebbe la strada che ''tutti'', quando la vedessero, in modo ''logicamente necessario'' dovrebbero percorrere, vergognandosi qualora non lo facessero. E similmente il bene ''assoluto'', se fosse uno stato di cose descrivibile, sarebbe uno stato di cose che tutti, indipendentemente dai loro gusti e dalle loro inclinazioni, ''necessariamente'' perseguirebbero, sentendosi in colpa se non lo perseguissero. E voglio dire che un tale stato di cose è una chimera. Nessuno stato di cose ha, in sé, ciò che vorrei chiamare il potere di coercizione di un giudice assoluto.
Ho detto che per quanto riguarda fatti e proposizioni vi è solo valore relativo e bene relativo, giustizia relativa eccetera. Permettetemi, prima di proseguire, di illustrare questo punto con un altro esempio piuttosto ovvio. La strada giusta è la strada che conduce a una destinazione arbitrariamente predeterminata ed è perfettamente chiaro a tutti noi che non ha senso parlare della strada giusta a prescindere da una tale meta predeterminata. Cerchiamo di capire cosa potremmo mai voler dire con l’espressione “la strada ''assolutamente'' giusta”. Immagino che sarebbe la strada che ''tutti'', quando la vedessero, in modo ''logicamente necessario'' dovrebbero percorrere, vergognandosi qualora non lo facessero. E similmente il bene ''assoluto'', se fosse uno stato di cose descrivibile, sarebbe uno stato di cose che tutti, indipendentemente dai loro gusti e dalle loro inclinazioni, ''necessariamente'' perseguirebbero, sentendosi in colpa se non lo perseguissero. E voglio dire che un tale stato di cose è una chimera. Nessuno stato di cose ha, in sé, ciò che vorrei chiamare il potere di coercizione di un giudice assoluto.


Allora che cos’hanno in mente coloro che, come me, sono ancora tentati di usare espressioni come “bene assoluto”, “valore assoluto”, eccetera? cos’abbiamo in mente e cosa tentiamo di esprimere? È naturale che ogni volta che cerco di chiarire questo punto a me stesso io richiami alla mente casi in cui sicuramente userei tali espressioni, e allora mi trovo nella situazione in cui sareste voi se, per esempio, io vi facessi una lezione sulla psicologia del piacere. Ciò che voi fareste in tale circostanza sarebbe provare a rievocare qualche situazione tipica in cui avete sempre provato piacere. Poiché, tenendo a mente questa situazione, tutto ciò che vi direi diventerebbe concreto e, per così dire, controllabile. Qualcuno sceglierebbe magari come esempio paradigmatico la sensazione di quando si fa una passeggiata in una bella giornata estiva. È in questa situazione che io mi trovo se voglio fissare la mente su ciò che intendo per valore assoluto o etico. E qui, nel mio caso, accade sempre che a presentarmisi sia una particolare esperienza che di conseguenza è, in un certo senso, la mia esperienza per eccellenza, e questa è la ragione per cui, parlandovi ora, userò questa esperienza come il mio esempio primo e principale. (Come ho detto, questa è una questione del tutto personale e altri troverebbero più incisivi altri esempi.) Descriverò quest’esperienza allo scopo, se possibile, di farvi rievocare la stessa esperienza, o esperienze simili, così che possiamo avere un terreno comune per la nostra indagine.
Allora che cos’hanno in mente coloro che, come me, sono ancora tentati di usare espressioni come “bene assoluto”, “valore assoluto”, eccetera? cos’abbiamo in mente e cosa tentiamo di esprimere? È naturale che ogni volta che cerco di chiarire questo punto a me stesso io richiami alla mente casi in cui sicuramente userei tali espressioni, e allora mi trovo nella situazione in cui sareste voi se, per esempio, io vi facessi una lezione sulla psicologia del piacere. Ciò che voi fareste in tale circostanza sarebbe provare a rievocare qualche situazione tipica in cui avete sempre provato piacere. Poiché, tenendo a mente questa situazione, tutto ciò che vi direi diventerebbe concreto e, per così dire, controllabile. Qualcuno sceglierebbe magari come esempio paradigmatico la sensazione di quando si fa una passeggiata in una bella giornata estiva. È in questa situazione che io mi trovo se voglio fissare la mente su ciò che intendo per valore assoluto o etico. E qui, nel mio caso, accade sempre che a presentarmisi sia una particolare esperienza che di conseguenza è, in un certo senso, la mia esperienza per eccellenza, e questa è la ragione per cui, parlandovi ora, userò questa esperienza come esempio primo e principale. (Come ho detto, questa è una questione del tutto personale e altri troverebbero più incisivi altri esempi.) Descriverò quest’esperienza allo scopo, se possibile, di farvi rievocare la stessa esperienza, o esperienze simili, così che possiamo avere un terreno comune per la nostra indagine.


Credo che il modo migliore di descriverla sia dire che quando ce l’ho io ''mi meraviglio dell’esistenza del mondo''. E sono allora incline a usare formule come “com’è straordinario che esista qualcosa” o “com’è straordinario che esista il mondo”.
Credo che il modo migliore di descriverla sia dire che quando ce l’ho io ''mi meraviglio dell’esistenza del mondo''. E sono allora incline a usare formule come “com’è straordinario che esista qualcosa” o “com’è straordinario che esista il mondo”.