Osservazioni sul “Ramo d’oro” di Frazer: Difference between revisions

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Se nella nostra società (o almeno nella mia) una persona ride troppo, in maniera semi-involontaria io stringo le labbra, come se con ciò credessi di poter serrare le sue.
Se nella nostra società (o almeno nella mia) una persona ride troppo, in maniera {{Udashed|semi-}}involontaria io stringo le labbra, come se con ciò credessi di poter serrare le sue.


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Il nonsenso sta proprio qui, nel fatto che Frazer presenti le cose come se questi popoli avessero una raffigurazione completamente falsa (anzi, delirante) sul corso della natura, laddove invece essi hanno soltanto una peculiare interpretazione dei fenomeni. Cioè la loro conoscenza della natura, qualora la mettessero per iscritto, non si distinguerebbe ''fondamentalmente'' dalla nostra. Solo la loro ''magia'' è differente.
Il nonsenso sta proprio qui, nel fatto che Frazer presenti le cose come se questi popoli avessero una raffigurazione completamente falsa (anzi, delirante) sul corso della natura, laddove invece essi hanno soltanto una peculiare interpretazione dei fenomeni. Cioè la loro conoscenza della natura, qualora la mettessero per iscritto, non si distinguerebbe <u>fondamentalmente</u> dalla nostra. Solo la loro ''magia'' è differente.


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Il tratto più appariscente, al di fuori delle somiglianze, mi è parso essere la diversità di tutti questi riti. Si tratta di una molteplicità di volti con tratti comuni che qui e là ancora e ancora si impongono all’attenzione. E ciò che si vorrebbe fare è tracciare linee che uniscano le componenti condivise. A questo punto manca ancora una parte della riflessione, la parte cioè che mette in collegamento questa immagine con i nostri propri sentimenti e pensieri. È questa parte a conferire alla riflessione la sua profondità.
Il tratto più appariscente, al di fuori delle somiglianze, mi è parso essere la diversità di <u>tutti</u> questi riti. Si tratta di una molteplicità di volti con tratti comuni che qui e là ancora e ancora si impongono all’attenzione. E ciò che si vorrebbe fare è tracciare linee che uniscano le componenti condivise. A questo punto manca ancora una parte della riflessione, la parte cioè che mette in collegamento questa immagine con i nostri propri sentimenti e pensieri. È questa parte a conferire alla riflessione la sua profondità.


{{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 9}} In tutte queste usanze si scorge d’altronde qualcosa di ''simile'' all’associazione d’idee e con essa imparentato. Si potrebbe parlare di un’associazione di usanze.
{{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 9}} In tutte queste usanze si scorge d’altronde qualcosa di <u>simile</u> all’associazione d’idee e con essa imparentato. Si potrebbe parlare di un’associazione di usanze.


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Niente ci dice come mai il fuoco debba essere ammantato di una tale aura. E poi, che strano, cosa significa propriamente: «Sembra piovuto giù dal cielo»? Da quale cielo? No, non è affatto scontato che il fuoco venga inteso in questo modo; – eppure è così.
Niente ci dice come mai il fuoco debba essere ammantato di una tale aura. E poi, che strano, cosa significa propriamente: «Sembra piovuto giù dal cielo»? Da quale cielo? No, non è affatto scontato che il fuoco venga inteso in questo modo; – eppure è così.


{{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 11}} Qui sembra che solo l’ipotesi doni spessore alla cosa. E ci si può ricordare della descrizione dei bizzarri rapporti fra Sigfrido e Brunilde nel nuovo canto dei ''Nibelunghi''. E cioè che Sigfrido sembra aver già visto una volta Brunilde in passato. Qui è chiaro che ciò che dà profondità a questa usanza è la sua ''connessione'' col bruciare una persona. Se in qualche festa fosse costume che gli uomini (come nel gioco di cavallo e cavaliere) si cavalchino l’un l’altro, non vi vedremmo nulla se non una forma di locomozione che rimanda al modo in cui un uomo monta un cavallo; – se però sapessimo che presso diversi popoli esisteva il costume «↓ ad esempio» di usare gli schiavi e di celebrare certe feste così in sella, allora oggi scopriremmo //scorgeremmo// //troveremmo// nell’usanza innocente della nostra epoca qualcosa di più profondo e meno innocente. La domanda è: questo – diciamo così – lato oscuro inerisce (in sé) al rituale del rogo di Beltane<ref>Antica festa pagana gaelica, in cui i druidi officiavano un rogo purificatore attraverso il quale passavano per emendarsi il bestiame e anche gli uomini. Inizialmente collocata tra equinozio di primavera e solstizio d’estate, la festa viene tutt’ora celebrata a inizio maggio, soprattutto in alcune campagne fra Irlanda e Scozia (''N. d. T.'').</ref> come veniva praticato cento anni fa, o solo se l’ipotesi circa la sua origine dovesse essere convalidata? Io credo che sia chiaramente la natura {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 12}} intrinseca della stessa usanza “moderna” ciò che a noi pare oscuro, e i fatti a noi ben noti dei sacrifici umani indicano solo la direzione in cui bisogna vedere l’usanza. Quando parlo della natura intrinseca dell’usanza, intendo tutte le circostanze in cui essa viene messa in pratica e che non sono incluse nel resoconto di una tale festa perché non consistono tanto di atti specifici che caratterizzano la festa quanto in ciò che si potrebbe chiamare lo spirito della festa, del quale si potrebbe rendere conto descrivendo ad esempio il tipo di gente che vi partecipa, i loro altri comportamenti, ovvero il loro carattere; il tipo di giochi che giocano in altre circostanze. E con ciò si vedrebbe che l’oscurità sta nel carattere stesso di queste persone.
{{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 11}} Qui sembra che solo l’ipotesi doni spessore alla cosa. E ci si può ricordare della descrizione dei bizzarri rapporti fra Sigfrido e Brunilde nel nuovo canto dei Nibelunghi. E cioè che Sigfrido sembra aver già visto una volta Brunilde in passato. Qui è chiaro che ciò che dà profondità a questa usanza è la sua <u>connessione</u> col bruciare una persona. Se in qualche festa fosse costume che gli uomini (come nel gioco di cavallo e cavaliere) si cavalchino l’un l’altro, non vi vedremmo nulla se non una forma di locomozione che rimanda al modo in cui un uomo monta un cavallo; – se però sapessimo che presso diversi popoli esisteva il costume «↓ ad esempio» di usare gli schiavi e di celebrare certe feste così in sella, allora oggi scopriremmo //scorgeremmo// //troveremmo// nell’usanza innocente della nostra epoca qualcosa di più profondo e meno innocente. La domanda è: questo – diciamo così – lato oscuro inerisce (in sé) al rituale del rogo di Beltane<ref>Antica festa pagana gaelica, in cui i druidi officiavano un rogo purificatore attraverso il quale passavano per emendarsi il bestiame e anche gli uomini. Inizialmente collocata tra equinozio di primavera e solstizio d’estate, la festa viene tutt’ora celebrata a inizio maggio, soprattutto in alcune campagne fra Irlanda e Scozia (''N. d. T.'').</ref> come veniva praticato cento anni fa, o solo se l’ipotesi circa la sua origine dovesse essere convalidata? Io credo che sia chiaramente la {{Udashed|natura}} {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 12}} intrinseca della stessa usanza <s>moderna</s> //del tempo recente// ciò che a noi pare oscuro, e i fatti a noi ben noti dei sacrifici umani indicano solo la direzione in cui bisogna vedere l’usanza. Quando parlo della natura intrinseca dell’usanza, intendo tutte le circostanze in cui essa viene messa in pratica e che non sono incluse nel resoconto di una tale festa perché non consistono tanto di atti specifici che caratterizzano la festa quanto in ciò che si potrebbe chiamare lo spirito della festa, del quale si potrebbe rendere conto descrivendo ad esempio il tipo di gente che vi partecipa, i loro altri comportamenti, ovvero il loro carattere; il tipo di giochi che giocano in altre circostanze. E con ciò si vedrebbe che l’oscurità sta nel carattere stesso di queste persone.


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Qui c’è qualcosa che assomiglia alle vestigia di un sorteggio. E, in virtù di questo aspetto, ciò guadagna immediatamente spessore. Se noi appurassimo che, in un caso specifico, la torta coi bottoni è stata preparata «originariamente» ad esempio in onore di un fabbricatore di bottoni «per il suo compleanno», e che tale usanza si sia poi instaurata nei dintorni, allora questa usanza perderebbe di fatto ogni «spessore», a meno che questo spessore non sia contenuto nella forma attuale dell’usanza per com’è in sé. Tuttavia, in un caso come questo, si dice spesso: «Questa usanza è ''chiaramente'' antichissima». Da cosa lo si evince? È solo perché si possiede una testimonianza storica di usanze antiche dello stesso tipo? Oppure c’è anche un altro motivo, di quelli che si evincono per interpretazione? Ma quand’anche venga dimostrata storicamente l’origine remota dell’usanza e la provenienza di un’usanza oscura, è ben possibile che l’usanza non abbia oggi più in sé ''niente'' di oscuro, che non le sia rimasto addosso più nulla dell’antico orrore. Forse oggigiorno essa viene messa in pratica soltanto dai bambini, che si cimentano nel preparare la torta e nel decorarla coi bottoni.
Qui c’è qualcosa che assomiglia alle vestigia di un sorteggio. E, in virtù di questo aspetto, ciò guadagna immediatamente spessore. Se noi appurassimo che, in un caso specifico, la torta coi bottoni è stata preparata «originariamente» ad esempio in onore di un fabbricatore di bottoni «per il suo compleanno», e che tale usanza si sia poi instaurata nei dintorni, allora questa usanza perderebbe di fatto ogni «spessore», a meno che questo spessore non sia contenuto nella forma attuale dell’usanza per com’è {{Udashed|in sé}}. Tuttavia, in un caso come questo, si dice spesso: «Questa usanza è <u>chiaramente</u> antichissima». Da cosa lo si evince? È solo perché si possiede una testimonianza storica di usanze antiche dello stesso tipo? Oppure c’è anche un altro motivo, di quelli che si evincono per interpretazione? Ma quand’anche venga dimostrata storicamente l’origine remota dell’usanza e la provenienza di un’usanza oscura, è ben possibile che l’usanza non abbia oggi più in sé <u>niente</u> di oscuro, che non le sia rimasto addosso più nulla dell’antico orrore. Forse oggigiorno essa viene messa in pratica soltanto dai bambini, che si cimentano nel preparare la torta e nel decorarla coi bottoni.


{{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 14}} Pertanto, la profondità sta allora solo nel pensiero rivolto a quell’origine. Ma essa può essere del tutto incerta, e si vorrebbe dire: “A che scopo darsi pena per //preoccuparsi di// una faccenda tanto incerta?” (come una Saggia Else che si guarda indietro). Ma non si tratta di preoccupazioni di quel genere. – Soprattutto: da dove viene la certezza che una tale usanza debba essere antichissima (in cosa consistono i nostri dati, qual è la verificazione)? E quand’anche avessimo poi una certezza, non potremmo comunque sbagliarci e non potrebbe il nostro errore essere confutato «↓ storicamente»? Sicuro, e tuttavia rimane poi sempre ancora qualcosa di cui siamo certi. Diremmo «↓ perciò»: «Bene, in questo caso particolare l’origine può essere un’altra, ma in generale è sicuramente antica». Ciò che per noi è ''evidenza'' di ciò deve includere la profondità di tale supposizione. E questa evidenza è, ancora una volta, «↓ non-ipotetica» psicologica. Se cioè dico: la profondità di questa usanza sta nella sua origine, ''se'' è andata davvero così. Allora o la profondità <s>deve</s> sta nel pensiero rivolto a una tale origine, o la profondità è «↓ essa stessa» solo ipotetica e si può soltanto dire: ''se'' è andata davvero così, {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 15}} allora è stata una vicenda oscura e profonda. Voglio dire: l’oscurità, la profondità, non stanno nel fatto che per quanto riguarda la storia di questa usanza le cose siano andate davvero così, poiché forse non sono andate affatto in questo modo; e nemmeno nel fatto che forse o probabilmente si sono svolte così, bensì in ciò che mi dà motivo di supporlo. Da cosa proviene infatti in generale la profondità e oscurità del sacrificio umano? Sono infatti solo le sofferenze delle vittime a farci impressione? I malesseri di tutte le specie, che sono connessi ad altrettanti dolori, non suscitano ''mica'' questa impressione. No, questa profondità e oscurità non si comprende di per sé, se veniamo soltanto a conoscenza della storia dell’azione esteriore; siamo ''noi'' che la riportiamo nella nostra interiorità a partire da un’esperienza.
{{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 14}} Pertanto, la profondità sta allora solo nel pensiero rivolto a quell’origine. Ma essa può essere del tutto incerta, e si vorrebbe dire: “A che scopo darsi pena per //preoccuparsi di// una faccenda tanto incerta?” (come una Saggia Else che si guarda indietro). Ma non si tratta di preoccupazioni di quel genere. – Soprattutto: da dove viene la certezza che una tale usanza debba essere antichissima (in cosa consistono i nostri dati, qual è la verificazione)? E quand’anche avessimo poi una certezza, non potremmo comunque sbagliarci e non potrebbe il nostro errore essere confutato storicamente? Sicuro, e tuttavia rimane poi sempre ancora qualcosa di cui siamo certi. Diremmo perciò: «Bene, in questo caso <u>particolare</u> l’origine può essere un’altra, ma in generale è sicuramente antica». Ciò che per noi è <u>evidenza</u> di ciò deve includere la profondità di tale supposizione. E questa evidenza è, ancora una volta, non-ipotetica, psicologica. Se cioè dico: la profondità in //di// questa usanza sta nella sua origine, <u>se</u> è andata davvero così. Allora o la profondità <s>deve</s> sta nel pensiero rivolto a una tale origine, o la profondità è «↓ essa stessa» solo ipotetica e si può soltanto dire: ''se'' è andata davvero così, {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 15}} allora è stata una vicenda oscura e profonda. Voglio dire: l’oscurità, la profondità, non stanno nel fatto che per quanto riguarda la storia di <u>questa</u> usanza le cose siano andate davvero così, poiché forse non sono andate affatto in questo modo; e nemmeno nel fatto che forse o probabilmente si sono svolte così, bensì in ciò che mi dà motivo di supporlo. Da cosa proviene infatti in generale la profondità e oscurità del sacrificio umano? Sono infatti solo le sofferenze delle vittime a farci impressione? I malesseri di tutte le specie, che sono connessi ad altrettanti dolori, non suscitano <u>mica</u> questa impressione. No, questa profondità e oscurità non si comprende di per sé, se veniamo soltanto a conoscenza della storia dell’azione esteriore; siamo <u>noi</u> che la riportiamo nella nostra interiorità a partire da un’esperienza.


Il fatto che il sorteggio avvenga mediante un dolce ha (anche) qualcosa di particolarmente raccapricciante (un po’ come il tradimento per mezzo di un bacio), e che a noi questo faccia un effetto particolarmente terribile ancora una volta reca un significato essenziale per la ricerca intorno a tali usanze {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 16}} [a una tale usanza].
Il fatto che il sorteggio avvenga mediante un dolce ha (anche) qualcosa di particolarmente {{Udashed|raccapricciante}} (un po’ come il tradimento per mezzo di un bacio), e che a noi questo faccia un effetto particolarmente terribile ancora una volta reca un significato essenziale per la ricerca intorno a tali usanze {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 16}} [a una tale usanza].


Quando osservo una tale usanza, o ne sento parlare, è come se vedessi un uomo che discute seriamente con un altro «con un’occasione» di un argomento futile, e dal tono «↓ di voce» e dal volto notassi che quest’uomo, quando si parla di quell’argomento, può essere spaventoso. L’impressione che qui ne ricevo può essere un’impressione profonda ed eccezionalmente grave.
Quando osservo una tale usanza, o ne sento parlare, è come se vedessi un uomo che //come// discute seriamente con un altro con l’occasione //di un futile// //argomento di poca importanza//, e dal tono di voce e dal volto notassi //<s>ricevessi l'impressione</s>// che quest’uomo, quando si parla di quell’argomento, può essere spaventoso. L’impressione che qui ne ricevo può essere un’impressione profonda ed eccezionalmente grave.


Il ''contesto'' di un modo di agire.
Il <u>contesto</u> di un modo di agire.


In ogni caso una <s>supposizione</s> convinzione sta a fondamento delle supposizioni circa l’origine – ad esempio – della festa di Beltane: ed è che tali feste non furono inventate da un uomo, per così dire, a casaccio, bensì hanno bisogno di una base infinitamente più estesa per potersi affermare. Se io volessi inventare una festa, essa morirebbe immediatamente o subirebbe un mutamento tale da entrare in corrispondenza con un’inclinazione generale della gente.
In ogni caso una {{udashed|<s>supposizione</s>}} //convinzione// sta a fondamento delle supposizioni circa l’origine – ad esempio – della festa di Beltane: ed è che tali feste non furono inventate da un uomo, per così dire, a casaccio, bensì hanno bisogno di una base infinitamente più estesa per potersi affermare. Se io volessi inventare una festa, essa morirebbe immediatamente o subirebbe un mutamento tale da entrare in corrispondenza con un’inclinazione generale della gente.


Ma cosa ci impedisce di supporre che la festa di Beltane sia sempre stata celebrata nella forma attuale (o del recente passato)? Si vorrebbe dire: è troppo assurda per {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 17}} essere stata inventata così. Non è come vedere un rudere e dire: questo un tempo dev’essere stato una casa, poiché nessuno avrebbe eretto un cumulo siffatto di sassi squadrati e irregolari? E se si domandasse: come fai a saperlo? Allora io potrei dir soltanto: me lo insegna l’esperienza che ho degli esseri umani. Invero, laddove essi costruiscono davvero delle rovine, queste assumono le forme di case distrutte.
Ma cosa ci impedisce di supporre che la festa di Beltane sia sempre stata celebrata nella forma attuale (o del recente passato)? Si vorrebbe dire: è troppo assurda per {{Frazer MS reference|Ms or Ts=Ms |number=143|page= 17}} essere stata inventata così. Non è come vedere un rudere e dire: questo un tempo dev’essere stato una casa, poiché nessuno avrebbe eretto un cumulo siffatto di sassi squadrati e irregolari? E se si domandasse: come fai a saperlo? Allora io potrei dir soltanto: me lo insegna l’esperienza che ho degli esseri umani. Invero, laddove essi costruiscono davvero delle rovine, queste assumono le forme di case distrutte.